«Uno schiaffo per la città», ha definito così il sindaco di Vibo Valentia Enzo Romeo la vicenda dei lavori rimandati all’ospedale Jazzolino, che sarebbero dovuti iniziare alla fine di febbraio e che vedono impiegati 25 milioni, soldi del Pnrr, oggi convertiti in Fsc, Fondo Sviluppo e Coesione, per diluire i tempi. Una messa in sicurezza necessaria, che richiederebbe, ormai si utilizza il condizionale, una organizzazione logistica sicura, inclusiva e studiata, per non venire meno alle esigenze dei cittadini, che in materia di sanità, lo sanno anche i pesci rossi negli acquari, si portano dietro fardelli e condanne.
La vicenda dei lavori, esplosa e poi dimenticata, l’abbiamo ricostruita ieri: tutti a litigare su eventuali soluzioni in merito allo spostamento dei reparti interessati ai lavori, ortopedia, chirurgia e oculistica e poi, superate le date nelle quali si prevedeva l’inizio dei cantieri, il silenzio cosmico. Attualmente poco si sa su eventuali e possibili tempistiche. E il sindaco di Vibo, Enzo Romeo, che per settimane ha ripetuto, in qualsiasi occasione pubblica, come fosse un mantra: «I reparti dello Jazzolino non si possono spostare da Vibo, sarebbe devastante. Un rischio altissimo che i cittadini non possono correre», si è espresso sull’attuale stato dell’arte.
La posizione di Enzo Romeo
Lo abbiamo ascoltato al telefono, questo quanto ci ha detto: «Spero che la vicenda di questi giorni sui fondi per la ristrutturazione dell’ospedale, possa trovare una soluzione confacente, con l’impegno del presidente e dell’intera giunta regionale. Poiché, di per sé, la questione si pone già come una sorta di schiaffo alla città di Vibo. Le problematiche, già molto grandi, della sanità vibonese, richiederebbero interventi incisivi, mentre, fin qui, si sono rincorse voci, intenzioni e possibili date di apertura di eventuali cantieri».
È un intreccio intricato, rimasto «come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato», per usare la similitudine di Montale. Lo Jazzolino dal punto di vista strutturale racconta disagio, verrebbe da rispondere: «Ma dai…!». Tuttavia, c’è poco da esorcizzare: è l’affresco impietoso di una provincia arrangiata. Alcune stanze trasmettono una trasandatezza dolorosa per chi a Vibo è nato, vive ed è costretto a curarsi. E rimane un cittadino italiano, sebbene su una sedia vecchia e con davanti un muro scorticato.