«Dopo gli ultimi eventi tragici che hanno scosso tutti e che ci hanno fatto ripiombare nello sconforto, finalmente arriva una buona notizia per la sanità vibonese». Così esordisce un comunicato a firma di Daniela Primerano, Francesca Guzzo e Ornella Grillo dell’Osservatorio Civico Città Attiva.
«No certo, non si tratta dell’inaugurazione di un nuovo reparto, tipo emodinamica. Né della riattivazione dei posti letto del dipartimento di salute mentale e degli altri reparti ridotti ad ambulatori. Non dell’assunzione di nuovo personale medico, infermieristico ed oss. Né di accordi stipulati con un team di luminari di fama internazionale per innalzare gli standard di cura. E neppure dell’acquisto di macchinari all’avanguardia o dell’arrivo della tanto attesa cardioTac. Tantomeno di una nuova risonanza magnetica, non solo chiusa, ma anche di una aperta che non c’è mai stata. Non della consegna dei cardiotocografi, delle poltroncine-letto e dell’attivazione della partoanelgesia in ostetricia e ginecologia. Non si tratta nemmeno dell’aumento dei posti letto di ortopedia, o dell’apertura di un polo di eccellenza per i trattamenti riabilitativi. Nemmeno della realizzazione di un hospice da inserire nella Rete di cure palliative per malati terminali affetti da un tumore.
E neanche dell’attivazione di agende dedicate per i pazienti affetti da patologie cronico-degenerative e oncologiche, se non per qualche prestazione radiologica. Non di una massiccia campagna finalizzata alla promozione degli screening per la prevenzione dei tumori. E non di un netto aumento del numero di anziani non autosufficienti che potranno usufruire del trattamento socio-sanitario residenziale/semiresidenziale. Né del miglioramento del tasso di pazienti trattati in Adi per intensità di cura Cia 1, Cia 2 e Cia 3 o della riduzione dell’intervallo Allarme-Target dei mezzi di soccorso 118, molti dei quali rientrano negli indicatori core insufficienti nell’Asp di Vibo. Nessun valore aggiunto per l’ingresso dello “Jazzolino” nella Rete formativa dell’Unical, che aveva rappresentato una conquista per Vibo. Nessun impegno per l’attivazione della facoltà di neuropsicomotricità, che rimane un nostro grande sogno», riporta la nota.

Debito ridotto, ma quale sanità?
«Nulla di tutto questo! La notizia che ha fatto entusiasmare gli attuali vertici dell’Asp, e per la quale tutti dovremmo rallegrarci, riguarda i conti. Sì, pare si sia ridotto sensibilmente il debito dell’azienda, quindi adesso che abbiamo bilanci più leggeri possiamo fare salti di gioia ed essere tutti più contenti», afferma ironicamente il comunicato.
«Del resto sono le logiche di bilancio ad orientare le scelte di chi amministra un’azienda, ma quando si tratta di un’azienda sanitaria si corre il rischio che le decisioni di spesa prevalgano sui bisogni sanitari. È proprio il termine “azienda“, del tutto inappropriato, che può trarre in inganno chi ragiona solamente con i numeri, senza calarsi nella realtà.
Ed allora – continuano le rappresentanti dell’osservatorio – ci teniamo a ricordare a chi gestisce una “azienda“, da intendere come struttura sanitaria, che per poter essere considerato all’altezza del compito che deve svolgere deve innanzitutto garantire il diritto alla salute, e quindi deve avere come finalità principale quella di potenziare i servizi, di individuare soluzioni per le tantissime criticità, prima fra tutte la carenza di personale e di posti letto, deve far funzionare l’assistenza territoriale, anche per alleggerire il carico del pronto soccorso che rischia di esplodere, e deve essere anche in grado di offrire al personale condizioni dignitose di lavoro, per rendere attrattiva l’ “azienda” e per soddisfare al meglio le esigenze di cura dei pazienti. Su questo bisogna concentrate tutte le forze ed il massimo dell’impegno, se si ha chiaro il proprio compito».

Penalizzazione economica e mobilità sanitaria
«Certo, anche i numeri contano, ed infatti abbiamo segnalato spesso la forte penalizzazione che continua a subire l’Asp di Vibo Valentia, che anche di recente, in occasione del riparto del Fondo Sanitario Regionale, a parità di popolazione, ha ricevuto 96 milioni in meno rispetto all’Asp di Crotone. Quest’ultima può anche contare su ben 3 sedi della farmacia territoriale, per offrire un servizio più efficiente, mentre nel Vibonese ce n’è solo una. Certamente accogliamo con favore la notizia della distribuzione a domicilio dei farmaci, ma pretendiamo che venga effettuata con costi a carico del bilancio dell’Asp, non certo di quello comunale, perché sappiamo bene che i Comuni del Sud per la spesa sociale ricevono pochissime risorse, per cui non possono certo permettersi il lusso di farsi carico anche di costi che dovrebbero essere sostenuti da altri enti, com’è avvenuto a Serra San Bruno», si legge nel comunicato.
«E sempre per rimanere in tema di numeri, l’Asp di Vibo ha anche la più forte incidenza di mobilità infraregionale per ricoveri, oltre che per la specialistica, e questo dovrebbe far riflettere molto chi gestisce la nostra “azienda“, perché quei numeri testimoniano con chiarezza che il fabbisogno di salute, qui, non trova adeguate risposte; ma evidentemente il principio di equità su Vibo non trova applicazione».

Un appello accorato: «La salute è un diritto!»
«Per cui, ci aggiungiamo al coro di coloro che in questi giorni stanno mettendo in seria discussione la gestione che si sta facendo della sanità vibonese, anche perché, se da un lato c’è chi ritiene che ci sia da esultare, dall’altro continuiamo a raccogliere le richieste disperate da parte della popolazione, abbandonata a se stessa, ed allo stesso tempo del personale, umiliato, che continua a combattere a mani nude. Ma c’è anche chi ha deciso di arrendersi, davanti all’indifferenza di chi probabilmente ha perso di vista il principale obiettivo del proprio mandato.
Abbiamo quindi la sensazione – termina il testo del comunicato – che il piedistallo sul quale qualcuno ha scelto di posizionarsi, sia un po’ troppo alto, ed il rischio di cadere è concreto: conviene quindi che scenda al più presto e cominci a calarsi nella realtà quotidiana, per intraprendere davvero un percorso virtuoso che preveda il rilancio dei servizi sanitari pubblici. Anche perché, sia chiaro a tutti, la salute è un diritto anche per noi, e non abbiamo alcuna intenzione di rinunciarci!».