Serve escogitare un piano. Un piano calabrese che riqualifichi la sua industria, che la ampli e la rinnovi, trasformandola in un modello moderno e competitivo. Una sorta di rigenerazione pop del suo genius loci. Una “Calabria Valley” per fermare la fuga dei cervelli.
Utopia o normalità? Certamente una scommessa ambiziosa, senza precedenti, ma assolutamente possibile da vincere. Ché, anche se fosse un rischia tutto, vale la pena giocarlo. Perché la posta in gioco è alta: il futuro stesso della regione. Sin dai primi giorni di scuola, la maestra insegna che nulla è impossibile, che volere è potere. I bambini vengono incoraggiati a osare, a sperimentare, a immaginare in grande. La Calabria, come quei bambini, ha un potenziale straordinario. Ma, per trasformarlo in realtà, deve riconoscere e applicare la propria forza. Una questione di volontà politica e territoriale. Invertire la tendenza delle partenze, riprogrammare il futuro della regione come un posto dove restare e costruire.
Stop the brain drain! La fuga delle intelligenze è uno dei nodi più gravi della depressione economica e sociale calabrese. Ogni anno, centinaia di migliaia di persone lasciano la regione; un buon 40% sono giovani, la risorsa più preziosa per ogni territorio.

Innovare significa cambiare passo. Nell’era della globalizzazione tecnologica, per non perdere il potenziale umano di ogni territorio, è necessario investire. Capitalizzare il materiale umano, creare progetti concreti, costruire team di lavoro tra enti pubblici, privati, associazioni e imprese. L’obiettivo? Offrire opportunità per scegliere la Calabria come base della propria impresa, della propria famiglia, dei propri studi. Non per chiudersi, ma per aprirsi al mondo: imparare da chiunque, formarsi ovunque e poi e ricchi di esperienze, di idee, di capacità, costruire una Calabria nuova.
Una Calabria Valley, ricca di possibilità, opportunità e stimoli. Un laboratorio di talenti che attragga attenzione e trattenga le sue risorse migliori. Per farlo, però, serve precisione. Un sistema economico funzionale non si basa su approssimazioni, ma su conti chiari, su un calcolo che sommi ambizioni e capacità. Non è l’America a offrire sogni e la Calabria a toglierli. Le potenzialità sono innate, esplodono in genialità quando vengono messe nelle giuste condizioni. E la genialità è sviluppo, è progresso, è visione.
Le aree industriali calabresi: quante persone ne conoscono il valore, le potenzialità? Spesso sono distese di migliaia di metri quadrati, isolate, raggiungibili attraverso strade buie e indecorose. Qui, decine di imprenditori cercano di sopravvivere con il loro lavoro, ma il sacrificio non basta senza ambizione e sostegno. È necessaria una spinta che trasformi l’ambizione in realtà, che sostenga l’imprenditore e le sue idee.
Lavorare senza infrastrutture adeguate, con trasporti inefficienti, non permette di crescere. Bisogna riconvertire. Come si fa con i borghi abbandonati, occorre puntare sulle aree industriali con progetti concreti e attrattivi, capaci di generare ulteriore sviluppo. Bisogna creare collaborazioni tra impresa pubblica e privata, dando vita a poli industriali di eccellenza. La regione ha eccellenze nel turismo e nell’agroalimentare, ma l’industria vera e propria non ha mai avuto una chance. Non perché la Calabria non fosse capace, ma perché il governo centrale non ha mai creduto in questa possibilità. E la fuga dei cervelli non ha fatto che alimentare il circolo vizioso. Il tempo delle scuse è finito. Ora è il momento di rischiare per vincere.