Un’articolata operazione condotta dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Milano, ha portato alla segnalazione all’Autorità giudiziaria di 43 persone fisiche e 26 persone giuridiche. Al centro dell’inchiesta un presunto sistema di false fatturazioni, omessi versamenti IVA, indebite compensazioni fiscali e casi di bancarotta fraudolenta per un valore complessivo di oltre 26 milioni di euro.
Dalle indagini è emerso un quadro estremamente complesso e articolato. Le imprese coinvolte avrebbero emesso o utilizzato fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per una cifra complessiva che supera gli 88 milioni di euro, riducendo così in modo fraudolento la propria base imponibile. Parallelamente, sarebbero inoltre emersi omessi versamenti dell’IVA per più di 3 milioni di euro, oltre a compensazioni indebite di imposta quantificate in circa 2,5 milioni di euro. L’attività investigativa ha anche portato alla luce presunti casi di bancarotta fraudolenta, legati alla distrazione di oltre 26 milioni di euro dal patrimonio di due società successivamente dichiarate fallite, con un danno diretto per l’Erario dello Stato.
L’origine dell’inchiesta: una verifica fiscale ad Amantea
Tutto ha avuto origine da una verifica fiscale condotta dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Amantea nei confronti di un’impresa che aveva trasferito la propria sede dalla provincia di Milano a quella di Cosenza. Durante l’ispezione amministrativa, i finanzieri hanno rilevato alcune anomalie gestionali e contabili considerate sospette, che hanno reso necessario approfondire ulteriormente la situazione con una più estesa attività di polizia giudiziaria, poi coordinata dalla Procura di Milano.
Le indagini, supportate da approfondimenti bancari mirati, hanno permesso di ricostruire un presunto meccanismo di frode basato sull’utilizzo di società prive di reale struttura imprenditoriale, create allo scopo di emettere false fatture a beneficio di altre imprese. Queste ultime, contabilizzando costi in realtà mai sostenuti, avrebbero abbattuto la propria base imponibile ottenendo consistenti risparmi fiscali illegittimi. I proventi di tali operazioni sarebbero poi finiti sui conti correnti di altre società “cartiere”, dove venivano prelevati in contanti. Secondo quanto emerso, tale sistema era agevolato anche dalla predisposizione di una contabilità studiata appositamente da professionisti compiacenti.
Estensione delle attività e recupero delle imposte evase
Con il nulla osta dell’Autorità giudiziaria, la Guardia di Finanza ha successivamente ampliato l’attività ispettiva verso coloro che, di fatto, gestivano le società coinvolte. Questo ha permesso di avviare le procedure finalizzate al recupero dei proventi illeciti, con una base imponibile accertata pari a circa 6 milioni di euro ai fini delle imposte dirette e a oltre 10,6 milioni di euro per quanto riguarda l’IVA.
La Guardia di Finanza sottolinea come questa operazione rappresenti un’ulteriore testimonianza dell’impegno quotidiano del Corpo nel contrasto all’evasione fiscale, un fenomeno che altera la concorrenza, indebolisce il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni e sottrae risorse indispensabili agli interventi a favore delle fasce sociali più deboli. Come previsto dal principio della presunzione di innocenza, tutti i soggetti coinvolti sono da considerarsi non colpevoli fino a quando eventuali responsabilità non saranno accertate con una sentenza definitiva.

























