«La fusione dei 14 Comuni, limitrofi a Vibo Valentia, è l’unico sistema per liberare il territorio dal sottosviluppo endemico e farlo divenire il primo polo urbanistico-economico della Calabria». Lo afferma Domenico Santoro, già capogruppo consiliare al Comune di Vibo Valentia del Movimento 5 Stelle, il quale sposa appieno la proposta avanzata ormai da molto tempo da parte dell’associazione Progetto Valentia: ossia – lo ricordiamo – realizzare una unione tra il Comune capoluogo di provincia e altri tredici enti locali limitrofi. I comuni interessati, secondo l’ipotesi di studio dell’associazione, dovranno essere: Vibo Valentia (30.000 abitanti); Pizzo (10.000); Mileto (7.000); Jonadi (4.500); Briatico (4.500); Cessaniti (3.500); Sant’Onofrio (3.000); San Gregorio d’Ippona (2.500); Stefanaconi (2.500); San Costantino (2.500); Maierato (2.500); Filandari (2.000); Francica (1.500); Filogaso (1.500), per una popolazione complessiva residente di oltre 80.000 abitanti. Le popolazioni del nuovo ente locale – si legge nel report predisposto dal direttivo -, «godrebbero di indubbi vantaggi sotto svariati profili. Per il nostro territorio è l’unica via d’uscita dall’isolamento e dalle condizioni di grave ritardo e sottosviluppo a cui risulta relegato. Non dimentichiamo che dal 2014 in poi è in notevole aumento il fenomeno della fusione tra Comuni, specie nelle aree urbane del centro-nord, con la nascita di nuovi enti locali».
Appello ai sindaci
«Occorre fare un appello ai primi cittadini, affinché – spiega l’ex capogruppo pentastellato a Palazzo Luigi Razza – dimostrino di avere a cuore lo sviluppo del nostro territorio, più del loro successo politico, che oggi si svolge tra aule scolastiche sempre più vuote, valori immobiliari in caduta, statistiche economiche impetuose da ultimi d’Italia e giovani che emigrano. Ed anche i comuni costieri hanno gli stessi problemi di quelli collinari e montani, meno visibili per il turismo, ma anche loro alle prese con spopolamento e soprattutto con le imprese economiche in mano a forestieri se non alla criminalità, come dimostrato dai tribunali».
«I giovani il nostro futuro»
A parere di Santoro, dunque, «il nostro futuro sono i talenti dei nostri giovani, e se non li facciamo restare, vedi la “Restanza, Vito Teti” o prima o poi i nostri paesini saranno “gost”, città fantasma dove i sindaci governeranno solo se stessi. Per far rimanere i giovani occorre che i sindaci siano in prima linea a spezzare quella negatività culturale, la “piramide di comando” dell’uomo di potere a cui chiedere favori e non diritti, da cui i giovani sono scappati. Quindi, i nostri pur bellissimi Borghi sono destinati allo spopolamento proprio dal comportamento dei favori elargiti che, oggi sembrano ottimi, ma condannano i nostri giovani a emigrare dove non devono chiedere favori per far emergere il talento e le loro competenze».
Lo sviluppo solo delle città intermedie
Osservando i processi urbani in atto in Italia, Santoro sottolinea che «si può vedere chiaro che non si stanno svuotando solo i piccoli borghi, ma anche le grandi città, mentre crescono le conurbazioni intermedie. Ciò perché queste ultime sono in grado di mettere in atto un “approccio ecologico integrale” (G. T. Gallo) che superi l’urbanistica del ‘900 per attuare, attraverso il Climate City Contract, che superi i Piani del verde e per un’ambiente di qualità veramente green, economicamente sostenibile ed inclusivo. In altre parole i 14 Comuni diverrebbero un’unica città intermedia capace di rigenerare le periferie, i nostri borghi, implementando l’offerta di servizi pubblici di qualità innovativa. E quindi attirare attività economiche private dinamiche ed innovative, nonché il capitale umano qualificato».
Vibo snodo nevralgico calabrese
La proposta del “Progetto di Fusione e la nascita della Città Valentia” creerebbe «una vera città intermedia», afferma sempre Santoro, che spiega: «Primo polo urbanistico-economico della Calabria, sia per la fisiologica collocazione baricentrica, del più importante Distretto turistico ed enogastronomico regionale, e sia perché snodo nevralgico della Calabria, collocandosi sulle direttrici viarie di grande comunicazione (A2, Trasversale delle Serre, Strada Statale 18 Tirrena Inferiore). Tale centralità è stata perduta per via della forza della unione di tre Comuni limitrofi, oggi Lamezia Terme, che ha attratto a sé l’aeroporto, l’industria e il commercio, tutti settori in cui Vibo Valentia era leader regionale negli anni ’70. Questa ipotesi di città intermedia avrà una capacità di rigenerazione urbana fortissima da cui ne trarrebbero vantaggi tutti i Comuni, in particolare quelli periferici, per come lo sono i nostri borghi, cioè i piccoli Comuni diverrebbero capoluogo di provincia».
Processo di partecipazione cittadina
A giudizio dell’ex consigliere comunale, dunque, l’esperienza di Rende – Cosenza dimostra che «per la fusione dei Comuni, più che un decreto politico di imperio, serve un processo di partecipazione dei cittadini che sia ampio, con decine di assemblee in loco e online, chiedendo ai nostri stakeholders di esprimersi. Sono i singoli sindaci a doverlo realizzare, esprimendosi senza cercare di far prevalere la loro opinione, ma ascoltando i cittadini».
Identità culturali e piccoli Comuni
«Naturalmente – chiude Santoro – i sindaci fanno bene a salvaguardare i bilanci comunali e la cultura identitaria locale, che non devono essere soppressi ma rivalutati. Per la sua lunga tradizione municipalista l’Italia ha costruito un’identità culturale e territoriale da non sottovalutare e da non comprimere, anzi da sviluppare e le fusioni dei Comuni non debbono eliminare le differenze, anzi devono e possono evidenziarle».