Tante piccole aziende, negozi storici e rigorosamente a conduzione familiare: la morfologia del tessuto commerciale in Calabria è vitale, linfatico, ma risente delle grandi emergenze storiche, che si riversano ineluttabilmente, generando fatica, sofferenza. Il sostantivo che spesso si utilizza, vale per tutti i settori e le latitudini imprenditoriali, è resilienza. Pensateci bene: quante volte negli ultimi anni l’avete sentita questa parola? In infinite occasioni: evoca l’attitudine ad assorbire, incassare, senza rotture e traumi distruttivi, si fa leva sulla capacità di possedere larghe spalle, di resistere, affrontare.
Tutti verbi pesanti, impegnativi, che raccontano di un frangente storico spigoloso, problematico, agitato, nel quale i grandi cambiamenti antropologici corrodono i retaggi del vecchio sistema, spesso scontrandosi in un campo aperto. Non sappiamo come verrà titolata questa stagione nei futuri manuali di storia, forse proprio: “L’età della resilienza”. In Calabria i numeri sono chiari, su Calabria Impresa si legge: «La forma prevalente è quella della ditta individuale che include i tre quarti delle imprese regionali; seguono le società di capitoli e le società di persone. Tali valori descrivono una struttura del comparto non difforme da quella del Mezzogiorno, dove le ditte individuali rappresentano più dei due terzi delle aziende totali».
La gracilità di un sistema
Il sistema economico calabrese è gracile, questo si riflette impietosamente sulla quantità e qualità degli investimenti: il livello di innovazione è basso. La desertificazione dei borghi e in taluni casi, di località urbane, è storica, ma in una regione come la Calabria, endemicamente spopolata pervia di un esodo permanente, è talmente massiccia da toccarsi con mano. In centri di poche migliaia di abitanti, un negozio che chiude è uno schiaffo all’occupazione, un deterioramento della qualità della vita. Una rimodulazione anche narrativa: perché in una cittadina di 3.000 abitanti, il forno della signora Melina, si tratta di esempi e nomi di fantasia, piuttosto che la sanitaria del signor Alberto, sono un presidio di vita e anche di democrazia. Il commercio è socialità, comunità, circolo di idee, progetti, condivisione della quotidianità.
Saracinesche abbassate
Dove c’è una saracinesca abbassata e piena di polvere, si nascondono vite svuotate, sogni polverizzati, persone costrette a partire per non tornare. E in Calabria sono tante, forse l’esempio più emblematico è corso Vittorio Emanuele a Vibo Valentia: un tempo brulicante, oggi scarnato, spettrale, sequenza di serrande abbassate. Una evoluzione repentina nel giro di pochi anni: dal 2019 a oggi quel corso è irriconoscibile, si è spento. Con il presidente di Confcommercio Calabria, Klaus Algieri, abbiamo affrontato diversi temi, tutti stringenti, per tracciare un perimetro, fare una panoramica generale.
La rete del commercio calabrese tra differenze e problematiche
Le province hanno, ovviamente, un peso diverso, ma ci sono segnali di ripresa, come ci ha raccontato Klaus Algieri: «Contiamo migliaia di imprese, molte delle quali a condizione familiare, che operano in settori chiave come l’alimentare, l’abbigliamento e i servizi di vicinato. Il settore ha sofferto e non poco, a causa principalmente della pandemia, dell’inflazione e del calo del potere d’acquisto. Nonostante tutto, registriamo segnali di ripresa».
La Calabria – riferisce sempre Algieri – «è una regione con differenziazioni marcate tra le province: Cosenza, è risaputo, ha un tessuto commerciale più sviluppato e diversificato, alimentato da una vivacità culturale. Reggio Calabria si distingue per l’equilibrio tra attività tradizionali e moderne, con una crescente presenza di franchising. Catanzaro beneficia della centralità istituzionale che si ripercuote sul commercio, orientato principalmente ai servizi. Vibo Valentia e Crotone, invece, soffrono una frammentazione maggiore, ma posseggono un legame territoriale, una marcia importante che si chiama turismo estivo. Naturalmente si sommano le problematiche storico contemporanee: rincari energetici, competizione dei grandi centri commerciali e soprattutto delle piattaforme online. Ciò nonostante, la Calabria mantiene alcune peculiarità: le persone continuano a preferire il negozio fisico per gli acquisti alimentari e per i prodotti legati alla tradizione locale. Mercati rionali, negozi di vicinato rimangono centrali per la vita economica, specie nelle aree meno urbanizzate».
Un trend in crescita per il Natale 2024 e le stime sui saldi
Cifre confortanti provengono dalle festività trascorse, epilogate con un incremento delle vendite: «La chiusura del 2024 è stata positiva, abbiamo registrato un aumento del 5% rispetto al 2023. Un Natale di crescita, grazie alle iniziative promozionali e alle attività di animazione nei centri storici. I piccoli commercianti hanno beneficiato della clientela locale, che ha preferito fare acquisti nei negozi di vicinato, apprezzando la familiarità del servizio. E per i saldi invernali la nostra stima prevede un aumento dell’8% rispetto allo scorso anno, con una spesa media di 290 euro a famiglia. Un segnale incoraggiante, quantunque la Calabria si posizioni ancora nella fascia medio – bassa rispetto alle regioni del Nord. I settori di maggiore attrazione saranno abbigliamento, calzature ed elettronica, ma anche accessori per la casa».
Il peso delle istituzioni e dei corpi intermedi in Calabria
Il perimetro tracciato dalla politica e dal terzo settore rimane essenziale per il commercio, da tavoli e decisioni si gioca il futuro: «Il ruolo della Regione in primis, e poi delle associazioni di categoria, dei sindacati è cruciale. Senza un dialogo costante e una collaborazione attiva, è difficile affrontare le sfide del settore. I corpi intermedi fungono da ponte tra le esigenze dei piccoli commercianti e le istituzioni, contribuendo a elaborare strategie mirate, promuovendo formazione e innovazione. È fondamentale che le politiche economiche regionali includano il commercio, come pilastro strategico per lo sviluppo locale».
Abbiamo chiesto a Klaus Algieri come vede il commercio in Calabria da qui a cinque anni: «Come Confcommercio immaginiamo un commercio più innovativo e resiliente, capace di integrare tradizione e modernità. La digitalizzazione sarà cruciale, così come la riqualificazione dei centri storici, al fine di renderli più accessibili e attrattivi. È di vitale importanza creare sinergie con il turismo e sviluppare nuove esperienze di acquisto. Servono, naturalmente, misure mirate: incentivi fiscali, agevolazioni per gli investimenti tecnologici e interventi strutturali. Il nostro obiettivo è che le vie dello shopping continuino ad essere luoghi di incontro, lavoro e crescita economica».
La forza del progresso
Serve incoraggiare i piccoli commercianti a spendere in progresso, perché così entrano di diritto in un contesto globale: si incamminano lungo una strada che li connette con i clienti e con il mondo; ma, allo stesso tempo, è necessario che il contorno sia adeguato. È un discorso complesso, poiché nelle problematiche locali irrompe il tracciato degli uomini: alla povertà della Calabria si aggiunge la digitalizzazione della vendita, il cambio degli stili di vita, l’avvento del lavoro smart, la convivialità comoda dei social, che maschera i volti.
Nascono come funghi profili che vendono qualsiasi tipo di oggetto: dagli orecchini ai biscotti, passando per gli strofinacci della polvere, in maniera compulsiva. Quando si parla di commercio la questione che si spalanca è sociologica, coinvolge tutti gli attori, ma va oltre: ci porta ad una reinterpretazione dell’individuo nel rapporto con gli altri, in quanto il verbo “vendere” è sostanza del mondo.