«L’associazione LaboArt, che dal 2010 opera nella provincia di Vibo Valentia promuovendo il teatro come strumento di crescita e inclusione, chiude l’anno delle attività formative 2024/25 con l’esito di fine laboratorio “Nella mia stanza l’Orsa maggiore”. Lo spettacolo, che segna la conclusione del percorso di Teatro di Comunità per il gruppo adolescenti-adulti, sarà un’esperienza itinerante che trasformerà l’ex Scuola Media di Parghelia (oggi sede del Museo della Memoria) in uno spazio di condivisione delle emozioni. Lo spettacolo andrà in scena il 20 e il 21 giugno in doppia replica, alle 19:00 e 21:00, presso la suggestiva location (posti limitati: necessaria la prenotazione telefonando ai numeri +39 339 448 8956 o +39 349 128 1447). L’evento è patrocinato dal Comune di Parghelia».
Ne dà notizia un comunicato stampa diffuso dalla stessa associazione LaboArt.
«Lo spettacolo si sviluppa lungo un percorso fisico ed emotivo che attraverserà stanze reali e immaginarie. In scena ci saranno gli allievi-attori: Giulia Andiloro, Giovanni Carone, Michelangelo Caronte, Claudia Cricelli, Lucia Cuppari, Ornella Daja, Carmelo Gallo, Pasquale Naccari, Umberto Pantano, Guglielmo Pentella, Romania Pietropaolo, Elide Sgourdeos, Fabio Sposaro, Adriana Tavella e Carmine Vecchio. Il laboratorio è stato condotto da Francesco Carchidi e Maria Grazia Teramo, mentre l’ideazione, la regia e la drammaturgia dello spettacolo sono a cura di Francesco Carchidi. L’assistenza tecnica è affidata a Miriam Barbuto, Rossella Curigliano e Antonio Ivan De Vita».
Un teatro di stanze interiori
«In “Nella mia stanza l’Orsa Maggiore” – informa la nota – le stanze dell’anima diventano palcoscenico di un viaggio intimo e visionario. Attraverso una serie di quadri, si dipanano le vite di personaggi sospesi tra desideri e timori, tra sogni e ombre. Ogni stanza è un universo, un rifugio e al tempo stesso una prigione, uno spazio interiore in cui la paura prende forma e la speranza tenta di farsi strada.
Il lavoro è frutto di un percorso creativo durato un intero anno accademico, che ha dato vita a personaggi complessi e stratificati, ciascuno con la propria voce, la propria ossessione, la propria paura. Queste storie si intrecciano e interrogano lo spettatore: quali sono i timori che ci accomunano? Cosa accade quando il confine tra realtà e immaginazione si assottiglia?
Come in un cielo notturno punteggiato di costellazioni, i protagonisti si orientano tra le stelle delle proprie emozioni, cercando relazioni e risposte. In questo universo teatrale, la paura diventa strumento di esplorazione, la diversità si fa forza e la fragilità diventa arte. Con questo lavoro, LaboArt conferma ancora una volta la sua vocazione: creare un luogo in cui chi si sente emarginato possa finalmente essere protagonista, e chi è più integrato sia spinto a riconsiderare il proprio posto nel mondo. Un viaggio teatrale che ci invita a entrare in stanze chiuse a chiave, a spiare dietro porte socchiuse e a perderci in un cielo che, tra le sue costellazioni, ha sempre un posto per chiunque voglia cercarlo».

Un anno di pratiche teatrali diffuse
«Il 20 e il 21 giugno – prosegue il testo – saranno solo le tappe conclusive di un anno accademico ricco di accadimenti nell’ambito dei percorsi formativi condotti da LaboArt. Nel corso del 2024/25, infatti, LaboArt ha svolto un’intensa attività laboratoriale in contesti diversi, con pubblici eterogenei e percorsi mirati. Il 16 giugno si è chiuso il corso di teatro per l’infanzia con “Oz. Non c’è casa migliore della mia”, libero adattamento del romanzo di L. Frank Baum “Il meraviglioso mago di Oz“.
Il 7 maggio, invece, si è concluso “Liberi in scena”, progetto attivato all’interno della casa circondariale di Vibo Valentia, con la realizzazione dello spettacolo “Minotauro. Oltre le sbarre”, interpretato da tredici detenuti.
Vari sono stati anche i workshop che hanno consentito all’associazione di far conoscere le proprie pratiche in contesti inconsueti: tra cui l’IstmoFest di Cortale dove ha preso vita “TeatroLabirinto”, “Arte e benessere” svolto in collaborazione con Aicem Calabria e “Pillole di teatro di comunità” all’interno di un progetto Erasmus+ organizzato da High on Life. A ciò si aggiungono le attività teatrali svolte nelle scuole: due progetti all’Ic “Don Mottola” (plessi di Joppolo e Drapia) e due all’Istituto Superiore di Tropea (nei licei “Galluppi” e “Vianeo“)».

Teatro dove non c’è teatro
«LaboArt – comunicano gli organizzatori – opera in un territorio privo di un teatro attivo nel raggio di 60 km. Utilizzare per le proprie pratiche luoghi non teatrali è frutto quindi di una necessità concreta che in un secondo momento prova a trasformarsi in una scelta poetica, provando a colmare un vuoto culturale che da anni penalizza la comunità.
In un contesto dove l’assenza di spazi adeguati rischia di silenziare l’espressione artistica, LaboArt continua a creare luoghi di possibilità. Spazi dove si può raccontare, provare, sbagliare, osare. E, soprattutto, incontrarsi. In questi luoghi “non idonei”, come vengono spesso definiti, il teatro ritrova una delle sue funzioni originarie: mettere in relazione, riattivare, dare senso e parola a ciò che è stato dimenticato.
LaboArt non fa teatro “alternativo”: fa teatro necessario. Lo fa con chi è fragile, emarginato, invisibile. Ma anche con chi è disposto a rimettere in discussione i propri privilegi, ad ascoltare, a guardare con occhi nuovi. Perché, come prova a suggerirci questo spettacolo, ognuno ha una stanza da aprire, una paura da attraversare e una stella da seguire».