Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell’architetto vibonese Cesella Gelanzè.
“Una regione normale”… Senza il Sandokan da 34% di share ivi girato quasi interamente, senza il Ponte sullo Stretto e senza il rinnovamento che il Presidente Occhiuto sta realizzando. Perché le splendide scene girate sulle spiagge della nostra Costa degli Dei vengono spacciate per quelle della Malesia e quindi non sortiscono alcun effetto attrattivo per i calabresi e perché il Ponte è troppo “meraviglia del mondo” e poco “miracolo”, sempre per i calabresi. In realtà la nostra regione è interessata da un sussulto di orgoglio.
Allora esistiamo? Ancora, i tre anni che per contratto voluto dal Presidente Occhiuto, hanno portato la Rai l’ultimo dell’anno in Calabria e la Calabria nelle case di milioni di italiani hanno acceso la polemica da subito. È giusto investire nel Capodanno? È giusto investire in un colossal che faccia conoscere della Calabria al mondo più di quello di cui finora si è parlato: mafia, sanità sofferente e via discorrendo? Andiamo con ordine.
Capitolo Ponte: è da anni che ne scrivo e parlo. Davvero mi viene faticoso pensare che se ne possa dire inesattezze e critiche a volte anche ridicole. Riassunto della storia: una montagna di denaro, combinazione di fondi statali e europei verrà impiegata per il collegamento tra la penisola tramite la nostra regione e il resto d’Italia, la Sicilia.
Siamo nel terzo decennio del 2000, la spinta avveniristica ha realizzato nel mondo costruzioni sempre più ardite e ponti sempre più audaci, ma una regione piccola, non per estensione o povertà di potenzialità anzi, ma per posizioni anche autolesionisticamente ideologizzate a fini di antagonismo politico o addirittura territoriale e dal fiato corto nei confronti di altre regioni il cui sviluppo nemmeno si può paragonare al suo, fa le pulci al progetto che la coinvolge in un’opera unica che le assegnerebbe la dimensione finora mai avuta.
Decenni di mala gestione che hanno sperperato o peggio inutilizzato, fondi che avrebbero potuto far fare alla Calabria il salto fin qui mancato. Stiamo parlando di granelli di una montagna di sabbia che ha seppellito negli anni, perché inutilizzata, la nostra dignità di calabresi. Ma di che parliamo?
L’elenco di chi il Ponte non lo vuole? Il Pd che definisce il progetto “scellerato”, eletti e candidati bocciati del M5S che tradizionalmente urlano in parlamento che i calabresi il ponte non lo vogliono, AVS che segue ovviamente il partito madre e la Cgil. Insomma la sinistra, quella della difesa dei bisogni del Sud e le associazioni ambientaliste che vorrebbero incontaminati i paesaggi anche solo dalla presenza umana, ma che poi non formulano un lamento sulle pale eoliche spesso anche inutilizzate che sporcano la vista della natura della nostra regione, sono quelli che assieme ai soggetti interessati dagli espropri, fanno della bocciatura al progetto Ponte una bandiera.
Non mi soffermo sui contrari al Ponte che risiedono sulla costa della regione opposta a quella della sua realizzazione o a distanza elevata dallo Stretto e che per ristrettezza di vedute e per l’atavica caratteristica di non vedere oltre l’uscio di casa, considerano che il resto del mondo non gli appartenga o addirittura possa essere di disturbo. Siamo messi così: si parla del futuro, ma si è fin qui rimasti bloccati dalla zavorra che in questa regione eccede e destabilizza fino a bloccarlo, lo scafo in cui si è tentato di resistere, almeno per la sopravvivenza.
Ma si può passare finalmente ai fatti che edificano? Abbiamo un ministro che del Ponte sullo Stretto vuol farne la sua medaglia, un governo che ne condivide contenuti e finalità e un Presidente di Regione dalle vedute larghe e anche avventurose che non disdegna il Sandokan che approda alle coste magnifiche della sua regione portandolo via a tutte le altre che lo ambivano, per attrarre ancor di più il turismo a cui imprenditori coraggiosi stanno lavorando con le proprie forze.
Gli eredi del genio e dell’intraprendenza dei costruttori capaci di portare dentro l’impero romano innovazione e benessere con le magnifiche opere ardite che ancora resistono, sono ora intimoriti e di veduta corta: il progresso tecnologico cede il passo all’arretratezza.
















