L’articolo uno della Costituzione parla di una Repubblica democratica fondata sul lavoro, non sull’autonomia differenziata. Il resto della Carta costituzionale esalta un Paese in cui la legge è uguale per tutti e tutti hanno gli stessi diritti e doveri, ovunque si sia nati: al Nord o al Sud, a Settentrione o a Meridione, a Mezzanotte o a Mezzogiorno, sia che soffi la bora, o il vento di tramontana, sia che spiri scirocco o ostro. Il Sud Italia è, ancora una volta, vilipeso e deprezzato, sedotto e abbandonato.
Ma i nostri figli non nascono forse, come i vostri, dalla stessa natura delle madri? I vostri e i nostri ragazzi non studiano forse a scuola con i nostri insegnanti, mentre i nostri insegnanti aiutano i vostri ragazzi a formarsi? E se già oggi, con l’Italia così com’è, i cittadini di Crotone e quelli di Trento sono diversi per risorse e opportunità, ma uguali per garanzie e diritti, domani chi di loro sarebbe considerato un forestiero e chi, invece, un italiano? Citando Gianluca Passarelli, domani non sarebbero forse figli di due patrie? Uno sfregio permanente, non questa volta a un’opera d’arte, ma all’arte stessa; al volto dell’Italia; alla dignità di un popolo, quello meridionale, fino a qui brutalmente scarnificato.

Ora permettetemi di parafrasare il mio “italianissimo” Giacomo Leopardi: O Italia, Italia, perché mai non rendi al Sud ciò che gli promettesti allor (1861)? Perché ancora inganni questi figli tuoi (2024)? Dal Sud sono andati via tutti, soprattutto chi è rimasto. Chi da brigante, chi da emigrante. Quasi mai per scelta, ma per necessità. Non per piacere, ma con profondissima rabbia. Secondo i dati pubblicati dall’Istat, tra il 2021 e il 2022, la popolazione residente in Calabria è diminuita di 8.844 unità, scendendo a 1.846.610 residenti, mentre la sua economia si fa sempre più povera e assistita.
Senza investimenti, senza nuove imprese in grado di competere sui mercati nazionali e internazionali, con un equilibrio di crescita economica sempre più basso, la Calabria arriverà a dipendere esclusivamente dalle risorse finanziarie provenienti da Roma e da Bruxelles. A questo porterà inevitabilmente l’autonomia differenziata. Le regioni del Sud hanno il diritto di avere un reddito proprio, e il resto d’Italia il dovere di metterle in condizione di produrre. I nostri paesi non valgono meno di quelli degli altri: sono luoghi con un’anima, e anche solo per questo hanno diritto a conquistare un proprio sviluppo e a mantenere la propria identità.
L’autonomia differenziata non crea opportunità, le distrugge; non produce economia, ma la disfa; non unisce le regioni italiane, le divide. E noi del Sud siamo stati già separati dal resto del Paese nel momento stesso in cui l’avete immaginata. Questa autonomia differenziata non è altro che la conferma di un antico retaggio culturale che sembra voler espellere il Sud dal resto dell’Italia.
Perché, se così sarà, Ulisse non potrà più tornare a Itaca e, per sopravvivere, dovrà allearsi con i Proci. La Calabria ha sempre subito; ma, con estremo pudore e grande coraggio, ha devoluto il suo dolore alla speranza di un futuro migliore. E oggi, che è il futuro, per la Calabria, per i calabresi, per il Sud e per tutti gli italiani, io dico no a questa fantomatica autonomia differenziata. Abbiamo creato l’Italia unita, e unita deve restare. L’Italia non si frammenta per voglia di potere o sete di vendetta, per principio o per orgoglio. Scomporla sarebbe un progetto di partito, non di popolo. Lasciateci credere ancora che “la disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile” (C.A.). Ve lo chiedo, “autonomamente”.