E voi, siete mai scesi negli Inferi? Venite con me. Vi ci porto per un attimo, poi ritorneremo in superficie. Promesso!
Ho appena finito di leggere un libro che mi ha trascinata proprio lì. In basso. A fondo. Dentro.
“Inferi” (Compagnia editoriale Aliberti) è la penna limpida e lucida del giornalista Pietro Comito. Ma la voce è quella di Antonino De Masi. Un uomo che non si racconta per essere compreso: si racconta per lasciare qualcosa, forse tutto.

“Inferi” è un viaggio dell’anima. Un’immersione nelle turbolenze più atroci che la tempesta della vita possa riservare a un uomo che ha deciso di non piegarsi. “Calabria grande e amara,” diceva Leonida Repaci.
Se esiste un riconoscimento che celebri davvero l’adesione umana, politica e civile alla Costituzione, allora che sia il suo. Di un calabrese che, pur con l’occhio pigro, ha visto oltre il visibile — ciò che ad altri sarebbe sfuggito persino al microscopio, figuriamoci al cuore.
Nascere in Calabria non si sceglie. Essere calabresi, sì.
E scendere agli Inferi… si sceglie?
Laggiù il cuore mi batte a mille. A volte nel petto, a volte nello stomaco. Sentite la paura prendere il sopravvento, forse? Calma. Ci vuole calma e sangue freddo, cantava Luca Dirisio.
Inferi non è una confessione al Paese. È un lascito. Della pelle viva alla morte, o della pelle morta in cambio di una vita libera?
Ognuno è libero di rispondere, ma anche di non farlo. Non è certo un quiz a crocette, questo. È di più. Un lascia o raddoppia.
Siete pronti? Vi riporto in superficie. Nella Piana di Gioia Tauro. A far cosa? A scrivere ad ogni piede d’ulivo una parola sola: Grazie.
Agli Inferi? No. A chi è tornato in superficie, facendo della De Masi di Rizziconi una speranza possibile per il mondo.
Nino De Masi, il tuo sacrificio — fatto di solitudine — sappilo: non è vano. Il viaggio è finito. Che abbiamo visto? Chiedetemi che abbiamo scoperto… La Repubblica Italiana ha sede qui. Nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria.
Si chiama De Masi: Nino ’i Peppe di Margi. Lui ha sconfitto il Dragone della Roccella.
































