«Un anno fa, io e le mie amiche chiudevamo il Sistema bibliotecario vibonese. Eravamo senza un soldo e senza forze, ma coltivavamo ancora la speranza. Abbiamo sempre pensato, nel nostro cuore, che non eravamo nessuno. Pensavamo, nella nostra ignoranza, che sarebbe arrivato qualcuno e quel qualcuno avrebbe gestito la situazione. Non vi preoccupate, è solo una fase. Un’adolescenza tardiva. Se quattro signore sono riuscite a mandare avanti un ente per due anni senza un centesimo, figuriamoci cosa potrà fare qualcosa di più importante di loro: una città, una provincia, una regione».

Così scrivono in una lettera aperta le volontarie del Sistema bibliotecario vibonese Beatrice Mirabello, Katia Rosi, Maria Luisa Mazzitelli e Domenica Grande.
«Invece siamo qui, ancora a battere i pugni sul tavolo, ma ci siamo accorte, forse solo ora per ingenuità, che i nostri palmi battono sul vuoto: non c’è più nessuno al tavolo delle discussioni e non c’è più neanche il tavolo. Voci, insistenti, mai smentite. Vogliono scioglierlo. Vogliono venderlo. Vogliono fare una sede universitaria nella sua “ex” casa, Palazzo Santa Chiara. Il Sistema bibliotecario vibonese è una stella del cinema decaduta».

Un patrimonio dimenticato e a rischio
«L’ultima affermazione, poi, è peculiare – si legge proseguendo -. Prima di dire ai nuovi inquilini di trasferirsi, l’altro deve essere sfrattato. Ma solo le nude pareti di Palazzo Santa Chiara sono comunali: il resto è del Sistema bibliotecario vibonese. Scrivanie, computer, telecamere, quadri, scaffali e un patrimonio composto da più di novantamila volumi. Tutto è ancora lì, in un posto che necessita di grandi investimenti, perché assaltato dall’acqua, dalla muffa e dalle più svariate intemperie».
Continuano le volontarie: «Vorremmo essere smentite. Questo è il nostro desiderio. I giochi vengono fatti lontani dalla gente e, chi ci ha davvero tenuto al Sistema, rimane un pedone. Utenti, dipendente e volontarie. Solo pedoni. Le decisioni importanti si fanno da un’altra parte. Finché serve che sia aperto per fare qualche passarella, il Sistema serve. Quando sembra un problema complesso, non è più di competenza di nessuno».

Uno smantellamento della cultura
«La biblioteca – si sostiene nella lettera – è l’unico spazio in cui non si deve pagare niente per vedere erogati dei servizi. Eppure rimane un problema. Un problema enorme, mentre altri enti presi d’assalto da debiti più consistenti continuano ad andare avanti. Smantelliamo la cultura, perché no, domani toccherà a qualcosa di diverso. Alla fine, saremo spogliati di ogni cosa. Pagheremo anche l’aria che respiriamo. Un’aria lugubre e malsana, respirata durante mille inaugurazioni, in un posto dove niente viene tenuto aperto. Perché nulla importa».
Concludono le autrici del testo: «Tutto scorre e dimenticheremo anche questo: quando la città di Vibo era sede della biblioteca pubblica più grande di tutta la Calabria, polo regionale, fiore all’occhiello. Ma i fiori appassiscono senza acqua. Anche quelli tanto amati».
































