«È ormai sotto gli occhi di tutti una sottile convergenza ideale tra la gestione Limardo e quella Romeo. In particolare nella programmazione, cantierizzazione, tempistica e modalità di esecuzione dei tanti lavori finanziati, spesso non necessari se non addirittura peggiorativi, per i quali tutti gli Italiani si sono indebitati con l’Europa. Nel frettoloso tentativo di recuperare una nuova reputazione, rispolverano per questo Natale, luminarie e illuminazioni di ogni fattezza, misura e colore, finte slitte luccicanti, posticci grossi alberi di Natale in ogni dove, improbabili installazioni raffiguranti sorcioni (o orsi?) e addirittura una malferma torre Eiffeil. Ultima clamorosa scudisciata al buon gusto, l’inquietante autotreno messo di traverso, tra corso Vittorio Emanuele e piazza Municipio, ad intralciare il transito eventuale di mezzi di soccorso, che si impone prepotentemente alla vista e all’udito di passanti ed astanti, con la diffusione, a volume assordante, di canzonette natalizie e proiezioni di immagini pubblicitarie. Immancabile poi la fragile ed umile capanna con la sacra famiglia, il bue e l’asinello. Una capanna umile e fragile, ma resta sempre un simbolo di pace, solidarietà, accoglienza in particolare verso i più fragili, gli inascoltati, i bistrattati, quelli appunto a cui viene negata una modesta capanna, per poter dignitosamente continuare una rinnovata e più terrena tradizione. Soprattutto, per tanti cittadini vibonesi che a questa insostituibile tradizione non intendono rinunciare». Questo l’incipit di una nota della segreteria provinciale del Partito della Rifondazione comunista di Vibo Valentia guidata da Marcella Murabito.
«Contadine e contadini lasciati all’addiaccio»
Il problema? A parere degli esponenti vibonesi del Prc «le contadine e i contadini, ultimi ostinati testimoni di uno dei mestieri più nobili e necessari alla comunità, che si spostano da generazioni, all’alba, per portare allo storico mercato coperto delle Clarisse, le primizie di stagione, sono stati espropriati della grande e funzionale struttura che li ospitava perché, disgraziatamente, anche questa è interessata ad un intervento milionario di rigenerazione che li terrà fuori per due anni (come la storia recente insegna, moltiplica per 2). Provvisoriamente tutti gli operatori sono stati raccolti nel cortile della scuola Don Bosco. All’addiaccio come fossero pecore. Esposti impietosamente senza riparo dal sole in estate e dal freddo e dalla pioggia in inverno. Qualcuno – viene annotato – ha ricevuto una piccola e fragile capanna appunto, altri fanno affidamento esclusivo su precarissimi ombrelloni o coperture improvvisate, comunque inadeguate a proteggere persone e prodotti in vendita, dalle avversità atmosferiche. È stata allacciata una fontanella, hanno lasciato l’accesso lato Municipio privo di una rampa utile a scavalcare il gradone che ostacola l’ingresso agli anziani con carrello. In luogo dei tanti ed attrezzati servizi igienici di cui godevano alle Clarisse, sono stati forniti due piccolissimi bagni chimici, collocati nei giardini della scuola e lasciati aperti, giorno e notte, per utilizzo continuo da parte di tutti. Bagni inutilizzabili perché, come confessano le donne, antigienici, scomodi e pericolosi, tant’è che, per necessità, sono costrette ad abbandonare i loro banchetti e sfruttare i servizi dei bar vicini, con grande disagio ed imbarazzo».
«Questi lavoratori hanno lamentato di aver più volte denunciato la loro condizione ai tanti politici»
I rappresentati del Partito della rifondazione comunista fanno, quindi, sapere che da loro ascoltati, questi lavoratori, «hanno lamentato di aver più volte denunciato la loro condizione ai tanti politici, di ogni colore, ma nessuna risposta è stata confortante e meno ancora convincente. Forse nella gestione della cosa pubblica è ormai acclarato che, come viene quotidianamente evidenziato dalle cronache, l’individuazione dei bisogni sui quali intervenire, tiene conto solo di chi possa vantare crediti e meriti. Ma purtroppo meriti e crediti non sono riconosciuti a chi non vanta santi e non ha voce, ancor più, se votano in un paese diverso da Vibo. Se le cose resteranno immutate e non si attiveranno nella ricerca di locali riparati protetti e decentemente serviti, come è dovuto ad una categoria di lavoratori, che ha dimostrato una straordinaria pazienza e un’eccessiva compostezza, sarà nostro impegno spingere perché chi ne ha titolo nell’amministrazione si muova verso la soluzione di questo trascurato problema».
«Perché non si è pensato a una soluzione alternativa?»
D’altra parte – è scritto ancora nella nota -, «ci chiediamo, come non sia stato ipotizzato già, fin dai tempi della progettazione dei lavori, una soluzione alternativa di collocazione temporanea per i lavoratori, attivando mezzi e competenze proprie di chi amministra e di chi ha titolo a coinvolgere anche, al limite, strutture operative di emergenza, quali la Protezione civile, che già in altre occasioni ha dato prova di efficienza ed affidabilità. Inoltre, e questo è, comunque, un problema che andrebbe affrontato, sarebbe finalmente opportuno, anche se ormai con grosso ritardo, definire quanti e quali spazi e strutture abitativi, privati e pubblici, vuoti o svuotati da tempo, possano essere sottratti al degrado e all’abbandono, per renderli pubblicamente utili, in situazioni di emergenza, ma anche stabilmente. Questi insostituibili ed infaticabili lavoratori meritano non solo il nostro sostegno, ma soprattutto quello dei cittadini. Che si tenga nella dovuta considerazione, la tenuta civile, i bisogni e la grande volontà di continuare il loro meritorio lavoro, che per tanti di noi – chiudono dalla segretaria del Prc – rimane un servizio essenziale, che non può essere negato a chi conserva piacevoli e non barattabili ricordi di una Vibo certamente più trasparente».