«Il 29 settembre in un tranquilla sera di inizio autunno abbiamo avuto la gradita visita di un “vero big” della politica italiana, Pierluigi Bersani, un leader vecchio stampo di grande cultura politica e un uomo di una pacatezza disarmante».
Così inizia un testo vergato da Anna Murmura, presidente Archeoclub d’Italia sede di Vibo Valentia.
«Non voglio parlare del bellissimo discorso di Bersani, tranquillo, puntuale e condivisibile come sempre, con il quale è riuscito a incantare il pubblico che è rimasto ad ascoltarlo in religioso silenzio; molti altri più esperti entreranno nelle pieghe della sottile dissertazione del leader Pd. Intendo, piuttosto, fare riferimento e commentare un gesto e un momento di una potenza, a mio avviso, grandiosa».
Il valore smarrito della politica come incontro
«Erano le 8,30 di sera e Bersani, appena arrivato – racconta la Murmura -, stava sistemandosi sul palco dove avrebbe dovuto svolgersi e si è poi svolto il dibattito politico, quando un signore non più giovane, ma molto determinato, si è avvicinato al palco e ha voluto a tutti i costi stringergli la mano e interloquire con lui. Gli organizzatori e il pubblico si sono subito affannati a cercare con le parole di dissuaderlo, solo io ho detto sommessamente: “Lasciatelo stare, è un momento bellissimo”. Dopo due minuti il signore in questione ha raggiunto il pubblico contento e soddisfato di quell’incontro, e alla conclusione del dibattito, quando tutto si è sciolto, lo stesso signore che aveva assistito in rigoroso silenzio in piedi con la sua stampella grida a gran voce e con voce accorata: “50 anni di militanza, 50 anni di militanza”».

«Nessuno sa – riferisce la Murmura – cosa si siano detti i due, ma non ha importanza, ciò che importa è che sia avvenuto questo incontro bellissimo e dolcissimo, segno di una militanza d’altri tempi, ma di cui abbiamo bisogno, un bisogno disperato; perché la politica deve ritornare a essere militanza convinta (in qualunque partito o movimento ciò avvenga) e incontro continuo con l’altro (anche se ti deve comunicare solo una sua emozione del momento). In un attimo mi sono comparsi davanti agli occhi e nella memoria 50 anni di vita con mio padre che non ha smesso un momento di militare, ma soprattutto di incontrare e di ascoltare; ascoltare il bisogno, ascoltare l’emozione, ascoltare la lamentela, ascoltare la richiesta di aiuto, sempre e comunque per strada, nel suo studio, in treno».
L’ammonimento classico: il cavallo di Troia
«Per questo penso – fa sapere Anna Murmura – che dal semplice gesto (del militante) e dall’apparentemente banale incontro (tra il militante e il suo politico) debba essere tratto un insegnamento profondo e concreto. La politica oggi ha smarrito la sua essenza più profonda ed è diventata inutile scontro e sgridazzate come quelle di alcuni leader italiani (non quelli, pochissimi, che io considero tali, naturalmente) e le ultima campagne elettorali sono state tutte urlate a suon di denari, come agli incanti in una fiera di paese il dono viene elargito a chi offre di più: 500 euro a studente, 100mila euro a persona, milioni e milioni di euro con cui ci fanno girare la testa e solo quella. E molti di noi calabresi (non io di certo, che la ho già persa dietro alle mie battaglie) la pèrdono, la loro testa, per percorrere strade sbagliate».

«In questo momento – conclude la presidente dell’Archeoclub – mi sovviene in aiuto, come sempre, la mia cultura classica e penso a Laocoonte che invitava e cercava di convincere i troiani a non portare dentro le mura il cavallo di legno che i troiani avevano interpretato come un dono lasciato dai greci prima della partenza; le parole di Laocoonte, che possiamo leggere nel secondo libro dell’“Eneide” di Virgilio al verso 49, sono un grande monito per la Calabria, per l’Italia e per il mondo intero: “Timeo Danaos, dona ferentes”, “Temo i Danai, anche se portano doni”. In Calabria il cavallo di Troia è alle porte e noi lo stiamo portando dentro, anzi lo abbiamo già dentro e rischiamo di farlo restare tra noi, mentre la Calabria sta bruciando ed è l’ultima regione d’Italia e tra la ultime d’Europa. Ci sarà uno Schleimann scopritore delle nostre rovine?».