«Ciò che sta venendo fuori dallo smontaggio e dal rimontaggio delle basole di granito di Via Enrico Gagliardi, a Vibo Valentia, è sotto gli occhi di tutti. Anzi, mi correggo: sotto gli occhi di tutti noi comuni e semplici cittadini, vibonesi ed europei, ma non sotto gli occhi di quelli che portano su di sé la titolarità delle funzioni pubbliche, i quali, a vari livelli, avrebbero potuto e dovuto intervenire per impedire ciò che è avvenuto e sta avvenendo, ma che non sono intervenuti o lo hanno fatto in maniera da avallare la distruzione immateriale progettata ed attuata, chiudendo del tutto tutt’e due gli occhi».
Così esordisce una nota di Italia Nostra, sezione di Vibo Valentia, firmata dal vicepresidente Alessandro Caruso Frezza.
L’inutilità dello smontaggio e rimontaggio
«Non avrebbe dovuto essere smontata e rimontata quella pavimentazione, perché si trattava e si tratta, come tutti noi comuni e semplici cittadini abbiamo avuto ed abbiamo sotto gli occhi e in centinaia di fotografie scattate, di un’operazione fine a sé stessa. Come le buche di keynesiana memoria, scavate e subito dopo riempite della stessa terra, senza alcuna finalità, se non quella di giustificare la “circolazione del pubblico denaro”, nel caso concreto per fare apparire giustificata quell’erogazione del denaro (nefasto, stando all’impiego che se ne sta facendo nella città di Vibo Valentia) del Pnrr che ci è stata», prosegue la nota.
La distruzione del valore culturale
«Non avrebbe dovuto essere smontata e rimontata quella pavimentazione, perché posata a secco, da secoli ed in ottimo stato di conservazione, e come tale concretante il valore immateriale di un bene culturale, che invece si è distrutto per sempre, per come è già sotto gli occhi di tutti noi semplici cittadini. Neanche questa prescrizione: “il posizionamento delle basole deve avvenire con connessure strette” sono stati in grado fare rispettare la responsabile unica di progetto comunale e la Soprintendenza, locale e nazionale, che pure la dettero o la condivisero», si evidenzia nel comunicato.
Mancato rispetto delle prescrizioni
«Come tutti noi semplici cittadini possiamo osservare, il posizionamento è avvenuto e sta avvenendo “con connessure larghe”. Né questa prescrizione data: “l’intervento sarà completato con la stessa malta della sigillatura a regola d’arte, con l’ausilio di spazzolini rigidi, curando che vengano intasati completamente i giunti e successiva pulizia con getto d’acqua evitando imbrattamenti, sconnessure e dislivelli” si è stato in grado di farla rispettare, nella parte in cui presupponeva e richiedeva che il cemento non dovesse “fuoriuscire dagli spazi fra le basole” e notarsi, così come si nota, in maniera dominante e prevaricante», si legge ancora nella nota.
La sostituzione della posa a secco con il cemento
«Come tutti noi semplici cittadini possiamo osservare, la perfetta e preesistente “posa a secco a spina di pesce” è stata sostituita da “cementate e sbilenche spine di pesce”, dove il cemento, in dosi inutilmente abbondanti e generose, ha messo e mette in evidenza ogni “stortura”, in senso letterale e metaforico, eliminando ogni pregio antico e storico degli uomini e della pavimentazione che essi ebbero a creare. Pur smontata e rimontata inutilmente, quella pavimentazione di Via Enrico Gagliardi, bene poteva rimanere “posizionata a secco”, quanto meno per evitare quell’orgia di cemento negli spazi interstiziali che c’è stata e c’è», afferma ancora Alessandro Caruso Frezza.
Lavori analoghi su Via Luigi Razza
«Sotto questo aspetto la prescrizione: “che vengano intasati completamente i giunti” è quella che è stata ed è la più distruttiva e che ha segnato la fine definitiva del valore materiale ed immateriale della “posa a secco” di secoli fa, trasformando quella pavimentazione da una antica e di valore storico in una pavimentazione dell’anno 2025, cioè in una pavimentazione privata del tutto del suo valore immateriale di bene culturale. La stessa cosa si sta avendo su Via Luigi Razza, nel tratto divelto il 20 ed il 21 gennaio scorso. Oggi è iniziato “l’intasamento dei giunti con il cemento”, che per quel tratto ne ha completamento distrutto il suo valore materiale ed immateriale di “pavimentazione posata a secco” circa tre secoli fa», prosegue il comunicato.
Una proposta alternativa
«Eppure sarebbe bastato, pur con l’ancoraggio sottostante di cemento, “intasare i giunti” non con il cemento, ma con mera sabbia o terra compattata, così come accadde nel passato e come accade ancora oggi nelle “pose a secco”. È una prescrizione, questa, che ancora la responsabile unica di progetto, Lorena Callisti, e l’assessore ai Lavori pubblici, Salvatore Monteleone, possono dare alla ditta esecutrice. Visto il risultato (pessimo) che si è ottenuto e si sta ottenendo su Via Enrico Gagliardi con “l’intasamento con il cemento”. Per il tratto di Via Luigi Razza, che non fu divelto il 20 ed il 21 gennaio scorso, si eviterà questa distruttiva trasformazione? Non lo sappiamo. Il Comune, nonostante sia stato destinatario di una precisa richiesta di dare informazioni a tal riguardo fin dallo scorso 7 febbraio, non ha dato ancora alcuna risposta, né pubblica né privata», continua il vicepresidente di Italia Nostra, sezione di Vibo Valentia.
Le domande al Comune
«Si riuscirà a non svellere più nulla? Visto che si tratta solo di sistemare qualche basola sconnessa? Si riuscirà a conservarle nella loro “posa a secco”, compresi i camminamenti laterali ad opus incertum? Si riuscirà ad evitare “l’effetto sbilenco” e “l’effetto intasamento cementizio” e “l’effetto imbrascamento” di Via Enrico Gagliardi? Sarebbe bello che la Madonna, sorridente dopo “l’Affruntata”, non lasci tutti noi semplici cittadini, pur sorridenti e felici per la Risurrezione divina, ugualmente piangenti per le quantità di cemento, inutili ed inutilmente abbondanti, che saranno state messe fra quelle antichissime basole!», conclude il comunicato stampa.