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Giornata contro la violenza sulle donne, Geraldina Quiligotti (Tonno Callipo): «Ci sentiamo sempre un po’ in pericolo»

Intervista all'esperto e scudettato libero giallorosso, alle prese col post-infortunio che la costringerà ad un lungo recupero

Di Redazione
25 Novembre 2024
In Sport
Giornata contro la violenza sulle donne, Geraldina Quiligotti (Tonno Callipo): «Ci sentiamo sempre un po’ in pericolo»

Geraldina Quiligotti

“Quanta violenza c’è nei confronti delle donne! Basta! Ferire una donna è oltraggiare Dio, che da una donna ha preso l’umanità”, non potevano esserci parole più belle ed esaustive di quelle di Papa Francesco in questa giornata contro la violenza sulle donne. Partiamo proprio da qui in questa giornata con la 30enne Geraldina Quiligotti, esperto e scudettato libero della Tonno Callipo, alle prese col post-infortunio che la costringerà ad un lungo recupero.

Geraldina, cosa pensi di questa tematica della violenza contro le donne che negli ultimi tempi sembra essere sempre più un bollettino di guerra?

«È un tema molto delicato. Giustamente l’informazione cerca di smuovere sempre di più la testa e diciamo pure l’umanità delle persone, ma poi questi fatti di umano hanno ben poco. E accade che questa volontà positiva di fare informazione sembra che talvolta abbia quasi l’effetto opposto. Negli ultimi tempi è veramente impensabile quello che sta succedendo ed è successo. Da donne ci sentiamo sempre un po’ in pericolo: dipende dove vai, bisogna pensare a tante cose, a come ci si deve vestire, insomma è complicato. Per carità dipende anche da dove vivi, ma non sono cose normali, non è la normalità questa».

A tuo avviso, lo sport come può, se può, incidere positivamente in questa tematica, perché è risaputo come l’attività ludica prima e quella agonistica poi possano contribuire positivamente al benessere non solo fisico ma anche mentale dei praticanti. Poi certo alla follia umana non c’è rimedio…

«Sì, lo sport sicuramente può incidere positivamente però, a mio avviso, questi sono percorsi molto complessi. Le persone che agiscono così in casi di pura follia, hanno sicuramente qualcosa che non va alla base. Lo sport può certamente aiutare quando magari viene fatto da bambini: magari ti tira via da alcune brutte situazioni e da cattive compagnie. In generale penso che lo sport possa di più far venire fuori il bene di una persona, però quelli che agiscono così con violenza li trovo quasi irrecuperabili. Credo davvero che abbiano problemi alla radice che sono di difficile comprensione, alcuni andrebbero rinchiusi e studiati».

Passiamo ora alla stagione con la Tonno Callipo, e dedichiamo alla brava Quiligotti il detto ‘Never give up’ ovvero non mollare mai! È il minimo per chi ha subìto la rottura del tendine d’Achille, chiudendo di fatto già la stagione. E però la storia personale, il curriculum di spessore della brava Geraldina raccontano di tempra forte, carattere e voglia appunto di non mollare! Operazione completata e già in moto per la riabilitazione, perché non sarà un infortunio, seppur grave, a fermare l’esperta e titolata atleta giallorossa. Che, purtroppo, non è nuova a situazioni del genere: 8 anni fa infatti, aveva subito la lesione del crociato. Anche lì, tanto sacrificio e grande volontà, seppur più giovane, ma la forza intanto morale di Geraldina di voler ritornare presto in campo è stata decisiva.

Allora, infortunio ovviamente imprevisto, che non ci voleva anche se purtroppo sono i rischi del mestiere. Geraldina come hai vissuto tutto ciò?

«Sinceramente non benissimo: più a livello emotivo che di dolore in sé, questo forse lo sopporto anche troppo avendone una soglia abbastanza alta. Quindi la mia preoccupazione non è stata minimamente l’operazione, né il dolore dopo. Piuttosto sapere che c’è da affrontare un lungo periodo di riabilitazione: all’inizio non è stato semplice ma non lo è tuttora in realtà. Lo sto ancora metabolizzando».

E ti era già capitata in passato una situazione analoga, cosa serve in questi casi?

«Sì, purtroppo l’ho vissuta nel 2016, un po’ diversa perché lì l’ho avuto a marzo, quindi eravamo sul finale di stagione. Diciamo che lo vivi in un modo diverso, anche perché ero comunque più piccola. Sicuramente lo affronti con due teste diverse: cioè a quest’ultimo infortunio mi sento molto più preparata, aggiungo purtroppo. Per carità sarebbe stato meglio non avere infortuni in generale in tutta la carriera. Più pronta nel senso che ho affrontato anche interventi più piccoli come menischi, che almeno per me sono stati una passeggiata. Però quello del 2016 che ha riguardato il legamento crociato, è stato bello tosto, e credo che la mia determinazione sia stata la chiave per uscirne. Devi avere tanta testa e un po’ pensare a te stessa: bisogna essere a momenti anche forse un po’ egoisti».

Raccontami un po’ di questa tua nuova avventura a Vibo: dall’esterno è visibile grande coesione da parte vostra. Che gruppo si è formato?

«Il gruppo ritengo si debba ancora formare del tutto in verità. Ora purtroppo mi tocca guardarlo da fuori, quindi è anche più difficile raccontarlo essendo uscita un po’ dal campo. Sicuramente si sta creando una bella coesione, stiamo imparando a conoscerci. All’inizio è sempre complicato: siamo 12-13 ragazze tutte con caratteri molto diversi, anche 12-13 donne, insomma è una gestione veramente complessa. Indubbiamente però è un gruppo forte, che ha bisogno di amalgamarsi, ma lo sta già facendo, per raggiungere l’obiettivo che insomma ci siamo prefissati, personalmente non ho grandi dubbi su questo».

 E del campionato dopo queste prime gare che opinione ti sei fatta?

«Sicuramente c’è qualche squadra bene attrezzata, e tutte quelle che vengono a Vibo vogliono provare a fare qualcosa di buono. Però credo che dobbiamo preoccuparci più di noi stesse in primis che degli altri. Se riusciamo a fare il nostro gioco, per gli altri diventa veramente complicato perché sono loro che devono adattarsi a noi».

Non possiamo non volgere lo sguardo al passato: il 16 maggio 2015 credo sia una data indimenticabile per te, riteniamo, ma che emozione è stata lo scudetto con Pomì Casalmaggiore?

«Si va indietro…sicuramente un’emozione forte, direi fortissima per chi fa sport come noi atleti. Ogni tanto ci penso e non so, a volte dico che me la sarei voluta godere di più. Quasi come se non fossi stata felice abbastanza, ma sicuramente felice di esserci stata».

Ci è capitato di leggere qualche articolo al riguardo, eri una ventenne con grande entusiasmo: che palestra fu quella vittoria per il prosieguo della tua carriera?

«Sì ero una giovane ventenne – sorride – con ancora tutta la carriera davanti: è stato sicuramente un grande input per me. Da lì poi ho cominciato, e poi il prosieguo è stato anche complicato in realtà. Ho fatto un po’ di alti e bassi, forse solo due anni che – sorride – non sto a dire quali, mi pento. Però sicuramente è stata una grande opportunità anche per mettersi all’attenzione generale».

Quell’anno eri allenata da un certo Davide Mazzanti, ex ct della Nazionale femminile: che ruolo ha avuto per te?

«Sì da Mazzanti, mentre l‘anno prima da Beltrami, ovvero i due anni di A1. In entrambi i casi posso dire di aver appreso tanto».

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