Vivere l’amore per la cucina come un viaggio tra sapori e ingredienti che raccontano una storia e che danno vita a doni autentici per il palato. Si basa su questa spontanea e costante esigenza, il percorso del giovane chef Gabriele Giuliano. Una visione, questa, che lo porta a vivere l’essere chef non solo come un lavoro, ma anche come un cammino dove gusto ed emozione non sono mai due elementi separati.
Nato a Ricadi nel 1996 e animato da una grande passione per la cucina, dopo aver frequentato il Liceo Scientifico “Fratelli Vianeo” di Tropea, Gabriele Giuliano si iscrive all’Accademia Internazionale di Cucina Italiana (Alma) di Parma, presente presso la Reggia di Colorno e ispirata al grande Gualtiero Marchesi, considerato il padre della cucina moderna italiana. Successivamente inizia a definire ulteriormente le proprie conoscenze in diverse realtà della ristorazione, tutte rappresentative dell’alta cucina italiana. Grazie anche a molteplici viaggi all’estero, Gabriele entra in contatto con culture, cibi e sapori differenti che si riveleranno determinanti per le sue creazioni culinarie. A giugno del 2023 Gabriele Giuliano inaugura ufficialmente l’Arcobaleno Cocktail Bar, inserito all’interno dell’Arcobaleno Resort di cui Gabriele è Chef Patron e situato nel suggestivo promontorio di Capo Vaticano, nonché a pochi passi dal belvedere.
Quali esperienze ti hanno fortemente legato al mondo della cucina?
«Innanzitutto, c’è da dire che la cucina era una cosa molto lontana da me inizialmente. Sapevo solo che dentro di me c’era e c’è sempre stata una grande voglia di esprimermi a 360 gradi. Ad un certo punto, per una serie di casi fortuiti della vita, mi sono ritrovato a valutare l’idea che il mondo della cucina e dell’essere chef, diventasse una professione che mi rappresentasse al meglio. A tal proposito, nel 2016 mi sono iscritto all’Accademia di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi. Diciamo che quello che mi ha subito colpito è stata la rigidità e la disciplina di questa arte e anche il modo di stare nelle cucine di un certo livello. Nascevano in me una serie di domande e la mia sete di curiosità diventava sempre più accentuata. Per quanto riguarda le esperienze professionali, non ne escluderei nessuna. Infatti, hanno arricchito il mio background e le porto tutte fortemente nel cuore sia a livello culinario che culturale. In tal senso, ci tengo a puntualizzare che la mia visione di cucina non è prettamente legata alla singola ricetta, ma bensì ad un contesto conoscitivo di ogni forma d’arte maggiore come teatro, musica, cinema e anche artigianato».
In che modo si può creare un’armonia perfetta tra il bisogno di essere innovativi e l’esigenza di rappresentare un territorio attraverso una ricetta?
«Io trovo che in un mondo dove tutti si sentono creativi, bisogna fare un passo indietro e capire che l’eccezionalità è proprio la classicità. Da qui sto seguendo un concetto: ovvero, che l’essenziale vale più di qualsiasi cosa, esattamente come la tradizione in cucina. Sono arrivato al pensiero che, fare hospitality e ristorazione, è un modo molto altruistico di fare del bene e dare del piacere. Molte volte lo chef che abusa di creatività, a mio parere, dimentica il piacere del cliente a cui va a servire quel piatto, ma va a finire in un contesto egoistico e prettamente personale. Quindi, in conclusione, la creatività è meravigliosa, ma va ben dosata. Questo si può fare solamente attraverso una conoscenza meticolosa della materia prima e della gastronomia in generale».
Quali obiettivi sono racchiusi nel progetto “Arcobaleno Cocktail Bar” di Gabriele Giuliano?
«L’arcobaleno Cocktail Bar, come tutte le cose che faccio, nasce da un forte desiderio di esprimermi e di regalare alle persone la passione per l’hospitality, il mio punto di vista. Per provare tutto questo bisogna attingere alla “Drink List – Laboratorio dell’ES”. Questo nome è quello con cui ho codificato il mio metodo di ricerca e, insieme ai miei collaboratori, sperimentiamo e creiamo nuovi drink e nuovi modi di concepire un gusto. Ma perché ho scelto di chiamare “Laboratorio dell’ES” il mio metodo di ricerca? Perché da sempre il laboratorio indica un luogo dove si fa ricerca e studio, mentre l’ES in psicologia, nel pensiero freudiano, rappresenta la nostra parte irrazionale, gli istinti primordiali e quella creatività e incoscienza fanciullesca che, gradualmente, con la maturità dell’uomo viene soppressa. Io trovo interessante lavorare su questo ossimoro meraviglioso e su tutto quello che può nascere da questo studio. Ovviamente, per il futuro ci sono nuovi progetti, facendo leva su un team meraviglioso e sulla mia vera natura da chef. Per il momento posso dirvi che si tratterà di un progetto non solo innovativo, ma che sarà finalizzato a trasformare con cura ogni alimento, cercando sempre di salvaguardare la sua essenza nel colore, nel gusto, nel profumo e nella consistenza».
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