Siamo la terra del buon pane, quello croccante, saporito. Già… Pensateci: cosa educa più di una fetta di pane? Niente. Tagliare un filone è, per antonomasia, un gesto materno, magnanimo, antichissimo. Nella sopravvivenza è insita la lotta per conquistare il pane, emblema massimo di vita. La storia che vi raccontiamo oggi è quella di Vincenzo D’Amico, originario di Piscopio, un panettiere figlio d’arte, che descrive con amore la panificazione: «Per fare un buon pane, serve un cuore che sappia amare». Il profumo di lievito a casa di Vincenzo era un odore quotidiano, ne parla con energia.
La storia
Tutto ha inizio dalla passione di una mamma, che ne ha fatto un mestiere: «Io sono un panificatore e ho ereditato l’azienda dai miei genitori, principalmente da mia madre, che nel 1968 ha iniziato a realizzare le prime forme di pane per i vicini e ha lavorato fino al 1996. Faceva il pane con lievito naturale, le farine locali e il forno a legna, ne avevamo tre di forni in linea. Oltre al pane classico, faceva il pane con il sambuco, quello ripieno di alici e pomodoro, che era stupendo, e ancora quello con le olive, con la cipolla. Realizzava anche la pizza casareccia, il pane biscottato e i dolci in prossimità delle feste». Vincenzo ha incominciato a fare questo lavoro nel 1996, quando sua madre ha deciso di smettere: «Ho iniziato a realizzare prodotti di alta qualità, inaugurando da subito una produzione di biscotti imbustati e fornendo catene sia italiane che estere.
Tuttora i miei genitori mi aiutano, l’altro ieri ci siamo messi a tagliare insieme i biscotti. Negli anni mi sono dato molto da fare: ho rifornito supermercati, ristoranti stellati, boutique di pane. Ho iniziato a lavorare con farine particolari: il grano saraceno, il kamut. Di pari passo alla crescita laboratoriale, ho aperto più punti vendita».
Il mercato del pane
Il consumo del pane è cambiato, soprattutto negli ultimi venti anni, Vincenzo D’Amico ne sa qualcosa: «La gente mangia meno pane, si compra meno nei punti vendita e si preferiscono le farine senza glutine». Vincenzo si sveglia la mattina alle 04.00: «Del mio mestiere mi piace creare, è questa la soddisfazione maggiore. Il mio lievito è di anni e lo rinnoviamo ogni giorno». La Calabria potrebbe avere una grande tradizione di grani: «Abbiamo il Senatore Cappelli, la Rosia, la Tumenia, la Segale, prodotta in Aspromonte. Purtroppo però si acquista molto nei supermercati, prendendo pani che arrivano dall’estero, dalla Bulgaria, dalla Francia, dalla Romania. Probabilmente, non si comunica bene con i clienti». Vincenzo definisce il pane di sua madre «eccezionale», perché si utilizzava per la cottura la legna di ulivo. Del suo lavoro è felice: il momento più bello della giornata è quando sforna il pane, lo vive come una magia.